mercoledì 30 giugno 2010

Monitoraggio Ambientale


Il monitoraggio ambientale è la valutazione qualitativa e quantitativa degli agenti lesivi negli ambienti di lavoro e la valutazione dei rischi associati alla loro esposizione, tali valutazioni vengono effettuate riferendosi a dei parametri di riferimento.

Attraverso il monitoraggio ambientale il medico del lavoro verifica che le concentrazioni nell’aria di una sostanza nociva, siano al di sotto dei limiti di riferimento ( rappresentati dai TLV da altri riferimenti se esistono norme specifiche).

Il monitoraggio ambientale, quindi, ha tre finalità:
  1. Verificare le concentrazioni inquinanti nell’ambiente di lavoro
  2. Verificare l’efficacia delle misure preventive
  3. Valutare il rischio dell’esposizione a tali sostanze
  • Cos’è il rischio?
Il rischio è la probabilità che si manifesti un evento nocivo. È il prodotto della lesività per l’esposizione: se la lesività o l’esposizione sono nulle (anche una sola delle due) non si ha rischio
È la probabilità che si manifesti un evento nocivo.


Il monitoraggio ambientale è solo uno degli strumenti del medico del lavoro e presenta dei limiti:
  1. Considera solo le concentrazioni ambientali senza dare informazioni sulle dosi assorbite
  2. Considera solo la via respiratoria come via di penetrazione
  3. Non fornisce informazioni sulle eventuali esposizioni extraprofessionali
Quali sono i parametri di riferimento?
In Italia, per alcuni agenti nocivi, esistono norme di legge specifiche, mentre, per tutti gli altri, ci si riferisce alla lista prodotta dalla conferenza governativa americana di igiene industriale (ACGIH) nella quale sono indicati i TLV.

Obbiettivo dei TLV è di garantire condizioni di lavoro tali da impedire una compromissione della salute per la maggior parte dei lavoratori.
I TLV rappresentano i valori limite di soglia (Threashold Limit Values), ossia, i limiti di esposizione (le concentrazioni) entro i quali si ritiene che la quasi totalità dei lavoratori possa essere esposta ripetutamente, giorno dopo giorno, senza andare incontro ad effetti nocivi per la salute : bisogna tenere in considerazione la suscettibilità individuale; una piccola percentuale di lavoratori può ammalarsi pur rimanendo nei valori limite di soglia.

I TLV non rappresentano un limite preciso fra concentrazione pericolosa e non pericolosa in quanto l’inquinamento ambientale interagisce con la suscettibilità individuale.

La suscettibilità individuale può dipendere dall’età, dal sesso, dallo stato fisiologico del lavoratore (ad esempio la gravidanza), può dipendere dalle abitudini di vita (dieta, alcool, fumo e droghe), può dipendere dalla normale costituzione genetica (polimorfismo genico) o da alterazioni a carico di geni che codificano per enzimi coinvolti nel metabolismo di determinati tossici ambientali, può dipendere da condizioni patologiche preesistenti oppure da trattamenti medici che interferiscono con gli agenti lesivi: nella visita di assunzione e nella sorveglianza sanitaria è importante tenere presente la possibilità di una ipersuscettibilità.

I TLV possono essere ponderati su un certo tempo di esposizione e si distinguono:
  • TLV-TWA (concentrazione giornaliera): esprimono una concentrazione ponderata che si riferisce ad una concentrazione media per un giorno lavorativo da otto ore per 40 ore settimanali entro la quale si ritiene che la quasi totalità dei lavoratori possa essere ripetutamente esposta senza che insorgano effetti negativi per la salute
  • TLV-STEL: valore limite di soglia ponderato su un breve tempo di esposizione (15 minuti): rappresenta la massima concentrazione a cui i lavoratori possono essere sottoposti per 15 minuti consecutivi senza che insorgano problemi di irritazione; i TLV-C devono essere tali da non far superare il TLV-TWA , inoltre, non deve mai essere superata anche se si mantiene nel TLV-TWA ; non si devono superare 4 TLV-STELL in un turno lavorativo e, fra l’esposizione ad un valore TLV-STELL e altro ci deve essere un intervallo di almeno un’ora
  • TLV- C (ceiling): concentrazione che non deve mai essere superata durante l’attività lavorativa
  • TLV miscele: le sostanze in miscela possono avere effetti :
  1. additivi
  2. sinergici
  3. potenzianti
Generalmente, nell’ambiente di lavoro, non esiste un unico inquinante ma una miscela di inquinanti, cioè, nell’aria sono concentrate diverse sostanze inquinanti, pertanto, è necessario utilizzare i TLV miscele: il TLV miscele è valido solo se gli inquinanti hanno unicamente effetti additivi.

La Società italiana di medicina del lavoro e l’Associazione italiana degli igienisti industriali (AIDII) utilizzano i VLP (valori limite ponderati) che corrispondono ai TLV (ma Prof. Sannolo parla di TLV, quindi, questa cosa la sai per saperla ma devi parlare di TLV)
- MAC (Maximum Allowable Concentration): massima concentrazione ammissibile che non può mai essere superata (erano utilizzati dai russi ma ora non si usano più; corrispondono più o meno al TLV-C ma non è importante saperli; li ho scritti perché nel libro ci stavano ma non ritengo siano importanti perché non si usano neanche più)
I valori limite di soglia sono espressi in mg/m3 (milligrammi per ogni metro cubo d’aria) o ppm (parti in volume di ogni sostanza per ogni milione di parti d’aria)

[Bibliografia: Medicina del Lavoro-UTET]
Immagini by Google

martedì 29 giugno 2010

Cos'è la Medicina del Lavoro


La Medicina del Lavoro è una disciplina nata come branca della medicina interna ma che oggi rappresenta una disciplina autonoma che ha come compito essenziale la promozione e la conservazione del completo benessere psico-fisico dei lavoratori.

Inizialmente , in quanto branca della medicina interna, aveva lo scopo di studiare le patologie caratteristiche dei luoghi di lavoro e che dal lavoro stesso erano provocate; attualmente rappresenta una disciplina autonoma in costante evoluzione in quanto quasi quotidianamente vengono introdotte nuove tecnologie, nuovi prodotti e nuovi modi di produzione che pongono nuovi problemi per il completo benessere psico-fisico dei lavoratori.

È in continua evoluzione perché, più di tutte le altre branche della medicina, risente delle trasformazioni economiche e sociali del Paese: con i mutamenti sociali mutano anche le patologie.

Oggi sono in diminuzione le patologie da lavoro tradizionale, mentre, sono in aumento il disagio e la patologia aspecifica, ossia, sintomatologie mal definite che dipendono non solo da cause professionali ma dall’impatto fra individuo e ambiente globalmente inteso (si identificano con le malattie cronico-degenerative).

Le malattie cronico-degenerative rappresentano le malattie lavoro-associate.

Le patologie da lavoro tradizionale sono le malattie monofattoriali (ad esempio derivanti da esposizione a gas, polveri, fumi) e gli infortuni (L'infortunio è l'evento occorso al lavoratore per causa violenta in occasione di lavoro e da cui sia derivata la morte o l'inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale, ovvero un’inabilità temporanea assoluta che comporti l'astensione dal lavoro per più di tre giorni).

La medicina del lavoro opera servendosi di:
  1. Monitoraggio ambientale
  2. Monitoraggio biologico
  3. Sorveglianza sanitaria e valutazione della suscettibilità individuale
  4. Studi epidemiologici
La medicina del lavoro si articola in diverse branche che corrispondono a diverse attività ed aree di interesse:
  1. Fisiologia del lavoro
  2. Igiene del lavoro
  3. Fisiopatologia e patologia del lavoro
[Bibliografia: Medicina del Lavoro-UTET]
Immagini by EffeDiMed

lunedì 28 giugno 2010

Compiti del medico del lavoro


Il medico del lavoro svolge numerosi compiti.
Il suo ruolo chiave è di effettuare la valutazione clinica del lavoratore, riconoscere i fattori di rischio lavorativi connessi ad un determinato lavoro, valutare gli effetti di tali fattori di rischio nei confronti dell’organismo umano

Visite mediche
Si distinguono due tipi di visita medica: preassuntiva e periodica, hanno finalità differenti
  • La visita medica preassuntiva ha lo scopo di verificare l’assenza di condizioni individuali per le quali il lavoro specifico potrebbe essere nocivo per il lavoratore in esame: serve a valutare l’idoneità alla mansione specifica.Gli accertamenti sanitari eseguiti per la visita preassuntiva mirano ad esplorare gli apparati e gli organi che rappresentano le sedi critiche per gli inquinanti professionali (ad esempio gli organi dove essi vengono metabolizzati)
In questa fase sono molto importanti l’anamnesi lavorativa e quella patologica.
Con l’anamnesi lavorativa si deve ricostruire la storia lavorativa del soggetto per verificare se vi sono state pregresse esposizioni a inquinanti professionali.
Con l’anamnesi patologica bisogna indagare sulla presenza di eventuali patologie lavorative o extralavorative che potrebbero essere aggravate dall’esposizione agli inquinanti presenti nell’ambiente lavorativo.
In questa fase vanno rintracciate eventuali ipersuscettibilità individuali.
Il medico competente sottopone a visita medica soggetti asintomatici, potenzialmente sani, quindi, si tratta di una visita medica preventiva e non con finalità diagnostiche.
  • La visita medica periodica ha lo scopo di verificare la conservazione dello stato di salute a seguito dell’esposizione all’agente lesivo professionale
Gli accertamenti sanitari eseguiti hanno lo scopo di ricercare eventuali alterazioni precoci a carico dell’organo critico
La periodicità degli accertamenti sanitari è programmata dal medico competente sulla base dei risultati della valutazione del rischio per i singoli lavoratori e sulla base delle leggi di tutela che, per l’esposizione ad alcuni agenti lesivi, prevedono scadenze fisse delle visite mediche.

Giudizio di idoneità al lavoro:
Il medico competente deve stabilire la compatibilità fra le caratteristiche dell’esposizione ambientale e l’integrità degli organi critici per l’inquinante in questione.
In questa fase vanno tenuti in considerazione eventuali situazioni di iperuscettibilità individuali, patologie pregresse o in atto, sia professionali che extraprofessionali.
Ai fini dell’idoneità il medico competente deve valutare : parametri aspecifici e parametri specifici
  1. Parametri aspecifici: età, sesso, anzianità lavorativa
  2. Parametri specifici: indici di esposizione lavorativa, indici biologici, condizioni di rischio aggiunto
In riferimento alla mansione specifica il medico competente può esprimere 4 differenti giudiudizi
  1. Idoneità
  2. Idoneità parziale (temporanea o permanente) con prescrizioni o limitazioni: ad esempio, per lo svolgimento di una determinata attività, può essere indicato l’uso di mezzi di protezione individuale oppure, nell’ambito di una mansione lavorativa, a quel lavoratore possono essere precluse alcune operazioni che risultano pericolose per sé o per gli altri
  3. Inidoneità temporanea
  4. Inidoneità permanente
Atri compiti del medico del lavoro:
  • Istituire, aggiornare e custodire un libretto sanitario personale per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria: in tale libretto riporta le caratteristiche dell’esposizione ed i risultati degli accertamenti sanitari ai quali è stato sottoposto il lavoratore
  • Provvedere ad informare i lavoratori dei rischi professionali e sulle modalità di prevenzione
  • Visitare gli ambienti di lavoro insieme al responsabile del servizio di prevenzione e protezione almeno due volte all’anno ed informare i lavoratori sui risultati di tale valutazione
  • Assicurare l’organizzazione del pronto soccorso
  • Compilare il primo certificato medico per l’INAIL in caso di accertata malattia professionale
[Bibliografia: Medicina del Lavoro-UTET]
Immagini by Google

sabato 26 giugno 2010

Sorveglianza sanitaria


La sorveglianza sanitaria è la valutazione periodica, medico-fisiologica dei lavoratori esposti con l’obbiettivo di proteggere la salute del lavoratore e prevenire le malattie correlate al lavoro.
Il medico del lavoro deve:
  • Valutare eventuali modificazioni peggiorative dello stato di salute dei lavoratori a seguito dell’esposizione lavorativa
  • Valutare il rischio professionale tenendo presente il binomio uomo-ambiente, quindi, relazionare i livelli inquinanti ambientali alle quantità di inquinante assorbito e valutare gli effetti che tale esposizione determina nei lavoratori: per fare ciò utilizza elementi clinici, strumentali, di laboratorio oltre agli indicatori ottenuti dal monitoraggio biologico e da quello ambientale
Lo scopo della sorveglianza sanitaria è di prevenire le malattie professionali evitando che l’esposizione ad agenti lesivi di natura professionale o le condizioni di lavoro possano provocare danni permanenti e invalidanti.

La sorveglianza sanitaria è un intervento di prevenzione secondaria che mira a riconoscere tempestivamente eventuali alterazioni a carico della salute del lavoratore valutando alterazioni precoci dello stato di salute in fase preclinica. Nei luoghi di lavoro è affidata al medico competente.
L’articolo 38 del Decreto Legislativo 81/08 chiarisce chi può assumere la qualifica di medico competente:
- Specializzati in medicina del lavoro
- Docenza in medicina del lavoro
- Specializzati in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica
- Specializzati in Tossicologia industriale
- Specializzati con specializzazione equipollente (igiene o medicina legale che abbiano seguito percorsi universitari appositi)

[Bibliografia: Medicina del Lavoro-UTET]
Immagini by Aren Services

venerdì 25 giugno 2010

Malattia da HbH


La malattia da HbH è un'alfa talassemia dovuta ad una doppia eterozigosi per l'alfa talassemia 0 e alfa talassemia +.
Il paziente ha solo un gene alfa funzionante, sufficiente a sintetizzare una quantità apprezzabile di HbA ma minore del necessario. Si ha quindi un'anemia ipocromica e microcitica di grado da severo a moderato.
Alla nascita l'eccesso di catene gamma formano l'emoglobina Bart, dopo la nascita si forma l'HbH (beta4) dovuto all'eccesso di catene beta.

L'HbH è un'emoglobina instabile, precipita facilmente determinando lisi precoce degli eritrociti e, quindi, anemia emolitica.

Il quadro clinico è caratterizzato da anemia congenita di grado variabile, spesso splenomegalia. L'anemia è microcitica ed ipocromica.

[Bibliografia: corso di malattie del sangue e degli organi emolinfopoietici - ESCULAPIO]
Immagini by Google.

mercoledì 23 giugno 2010

Alfa talassemia +


I pazienti affetti da alfa talassemia + presentano un difetto di sintesi delle catene alfa della globina per interessamento di un gene alfa. Hanno, quindi, un numero sufficiente di geni per la sintesi di una discreta produzione di catene alfa, sufficiente a non sviluppare una grave anemia.
Soggetti alfa talassemici + eterozigoti possono non essere anemici e presentare solo emazie piccole ed ipocromiche.
All'elettroforesi si noterà una piccola percentuale di Hb Bart.

[Bibliografia: Corso di malattie del sangue e degli organi emolinfopoietici - ESCULAPIO]
Immagini by Gooogle.

sabato 19 giugno 2010

Alfa talassemia 0

L'alfa talassemia 0 si può avere in omozigosi o eterozigosi.

Forma eterozigote:
E' simile alla beta talassemia minor. Si ha una modesta anemia, spesso subclinica.
Al laboratorio:
  • La concentrazione di Hb non è inferiore ai 10 g / dl.
  • Aumento del numero delle emazie
  • Emazie piccole ed ipocromiche
  • Alla nascita le catene gamma si uniscono a formare un tetramero patologico, l'Hb Bart, riconoscibile all'elettroforesi.
Nell'adulto, invece, non ci sono Hb anormali, la diagnosi di alfa talassemia 0 può essere fatta solo per esclusione, o per studi familiari, o misurando in vitro la quantità di catene alfa che i reticolociti sono in grado di sintetizzare.

Forma omozigote:
Questa forma è incompatibile con la vita perchè l'individuo manca di tutti e 4 i geni, per cui non può sintetizzare alcun tipo di Hb normale. Durante la vita fetale forma Hb Bart (gamma 4), si ha una gravissima eritropoiesi inefficace che determina una gravissima anemia.
Hb Bart ha un'elevata affinità per l'ossigeno, per cui cede poco ossigeno ai tessuti determinando idrope-ascite fetale e morte del feto.

[Bibliografia: corso di malattie del sangue e degli organi emolinfopoietici ESCULAPIO]

Alfa talassemie

Le alfa talassemie sono dovute ad un difetto di sintesi delle catene globiniche alfa.
La sintesi della catena alfa è regolata da 4 geni e la gravità della talassemia dipende dal numero di geni coinvolti da un alterazione. Questi geni possono mancare o essere soggetti a mutazioni puntiformi, in ogni caso avranno l'espressione fenotipica di geni non funzionanti.

Se sono coinvolti:
  1. Un solo cromosoma: il soggetto sarà eterozigote.
  2. Entrambi gli omologhi: si avrà omozigosi.
  1. Un cromosoma: si avrà eterozigosi +.
  2. Entrambi i cromosomi: omozigosi +.
La forma più grave è l'omozigosi per la talassemia 0.
Se si uniscono due genitori eterozigoti, uno alfa talassemico 0 e l'altro alfa talassemico +, il 25% dei figli avrà una doppia eterozigosi alfa-tal 0 / alfa-tal + responsabile della malattia da HbH (beta 4).

[Bibliografia: Corso di malattie del sangue e degli organi emolinfopoietici ESCULAPIO]
Immagini by Google.

mercoledì 16 giugno 2010

Tumore della vescica


Il tumore della vescica è la quarta causa di morte da cancro nel maschio, e la nona nella femmina. La precocità della diagnosi e la curabilità delle forme superficiali riduce il rischio relativo di progressione verso forme invasive. Le forme muscolo-invasive sviluppano metastasi a due anni di distanza anche dopo chirurgia.

L'eziologia è sconosciuta.
I fattori di rischio sono:
  • Amine aromatiche dell'industria dei coloranti, plastica e gomma.
  • Fumo di tabacco: l'incidenza è correlata al numero di sigarette ed agli anni di esposizione al fumo.
  • Farmaci:
  1. Isoniazide
  2. Fenacetina
  3. Ciclofosfamide.
  • Cistiti croniche provocate da parassiti: per lo più nei paesi in via di sviluppo.
  • Genetici:
  1. Storia familiare di neoplasia delle vie urinarie, specie in soggetti di età superiore ai 45 anni.
  2. Delezione 3p e 7p: correlate al grado di malignità ed allo stadio
  3. Delezione 17p : è associata ad invasività vascolare.
I gruppi a maggior rischio sono quelli esposti contemporaneamente a fattori ambientali ed al fumo.

In base alle caratteristiche anatomopatologiche distinguiamo vari tipi di tumori:


  • Carcinoma in situ: ha un rivestimento uroteliale con le caratteristiche del carcinoma, senza configurazione papillare, nè aspetti invasivi.
  • Carcinoma a cellule trasizionali: è il più frequente ed ha sede:
  1. Parete posteriore
  2. Trigono
  3. Collo vescicale
  4. Orifizi ureterali
  5. Cupola
  6. Parete anteriore
Ha più frequentemente aspetto papillare: le papille sono costituite da un asse vascolo-connettivale che fa da supporto alle cellule epiteliali.
La proliferazione cellulare è regolata da:
  1. Aumento di VEGF (fattore di crescita dell'endotelio vascolare): correlata al fenotipo invasivo.
  2. Aumento di PDECGF (fattore di crescita delle cellule endoteliali derivato dalle piastrine): correlato alla progressione da carcinoma in sito a carcinoma invasivo.
  • Carcinoma a cellule squamose
  • Adenocarcinoma
  • Carcinoma scarsamente differenziato
NB: il sospetto di carcinoma ci dev'essere in presenza di ogni formazione papillare vescicale, anche con modesti segni di anaplasia. L'anaplasia è l'alterazione dell'aspetto normale dell'epitelio di transizione, che in condizione fisiologiche è formato da 3-6 strati cellulari, dovuto a:
  1. Aumento della cellularità
  2. Addensamento nucleare
  3. Perdita della polarità cellulare
  4. Pleiomorfismo
  5. Mitosi anomale
La presenza di anche uno solo di questi criteri ci deve far sospettare un carcinoma.
  • Papilloma: tumore papillare in cui l'epitelio di rivestimento presenta i caratteri di un normale epiltelio di transizione.
Il grading istopatologico prevede 3 forme:
  • G1: tumore ben differenziato
  • G2: tumore moderatamente differenziato
  • G3: tumore poco o non differenziato.
Clinicamente si manifesta con:
  • Ematuria
  • Irritabilità vescicale per infiltrazione muscolare
  • Pollachiuria
  • Disuria
  • Dolore tipo colica in sede lombare se si ha interessamento degli ureteri
  • Edemi agli arti inferiori: per invasione di vasi linfatici e venosi.
L'unico metodo non invasivo che ci consente di fare diagnosi è:
  • Esame citologico del sedimento urinario: ci consente di vedere le cellule maligne e seguire l'evoluzione della neoplasia.
Fondamentale è la:
  • Cistoscopia con biopsie: ci consente di stabilire il:
  1. Tipo istologico
  2. Grading
  3. Profondità di infiltrazione della parete vescicale
  4. Infiltrazione dei linfatici.
La diffusione del tumore può avvenire per:
  • Continuità:
  1. Prostata
  2. Vescicole seminali
  3. Vagina
  4. Retto
  5. Peritoneo retrovescicale
  • Via linfatica:
  1. Iliaci esterni
  2. Ipogastrici
  • Via ematica:
  1. Polmone
  2. Fegato
  3. Scheletro.
Quindi bisogna completare le indagini con:
  • Ecografia: per valutare la parete vescicale ed il suo rapporto con la base di impianto del tumore.
  • RMN: per valutare l'infiltrazione della parete e lo stato dei linfonodi.
  • TAC: per vedere se ci sono metastasi al polmone, fegato e linfonodi.
  • Scintigrafia scheletrica con Tc 99 m: per verificare se ci sono metastasi ossee.
A questo punto possiamo stadiare il tumore utilizzando il sistema TNM:
  • Stadio 0: tumore papillare non invasivo o carcinoma in situ.
  • Stadio I: tumore invadente il connettivo subepiteliale.
  • Stadio II: tumore invadente la tonaca muscolare.
  • Stadio III: tumore che oltrepassa la tonaca muscolare.
  • Stadio IV: tumore che invade gli organi adiacenti o ogni tipo di tumore con ampio interessamento linfonodale.
In alternativa al TNM possiamo eseguire la Classificazione di Jewewtt Strong Marshall:
  • 0: tumore confinato alla mucosa.
  • A: tumore confinato alla sottomucosa.
  • B1: tumore con invasione superficiale del muscolo.
  • B2: tumore con invasione profonda del muscolo.
  • C: tumore con invasione del grasso periviscerale.
  • D1: tumore con invasione dei linfonodi regionali.
  • D2: metastasi a distanza.
Quindi possiamo dividere i pazienti in 3 gruppi:
  • Con tumore superficiale.
  • Con tumore invasivo.
  • Con tumore metastatico.
In base al tipo di tumore scegliamo la terapia più adatta:
  • Tumori superficiali: non necessariamente hanno una progressone nella forma invasiva, quindi si fa un trattamento locale con resezione transuretrale (TUR) e terapia intravescicale con chemioterapici per ottenere la riduzione delle recidive e l'aumento dell'intervallo libero da malattia:
  1. Epirubicina-mitomicina
  2. C-thiotepa
  • Tumori invasivi: invadono la tonaca muscolare. Si fa la cistectomia radicale con asportazione di:Corsivo
  1. Tutta la vescica
  2. Tessuti circostanti
  3. Organi circostanti
  4. Linfoadenectomia regionale
  5. Ricostruzione: utilizzando un segmento di intestino che funge da condotto e serbatoio dell' urina.
La chirurgia conservativa (cistectomia parziale) si usa quando:
  1. in T2 di dimensioni limitate e solitari.
  2. T2 T3 minori di 6-8 cm, con sede sulla cupola o sulla parete posteriore.
La radioterapia radicale esclusiva ha meno successo della chirurgia.
La chemioterapia primaria serve per controllare la malattia micrometastaticamente e favorisce la conservazione d'organo.
La chemioterapia adiuviante si fa dopo chirurgia e stadiazione patologica, per eradicare la malattia micrometastatica, migliora la sopravvivenza libera da malattia.
  • Tumori metastatici: il trattamento ha la finalità di rimuovere i sintomi ed allungare la sopravvivenza. Si usa l'associazione di quattro farmaci (M-VAC):
  1. Cisplatino
  2. Methotrexate
  3. Vinblastina
  4. Adriamicina
Oppure si può utilizzare il cisplatino associato alla gemcitabina che ha un'efficacia analoga e minore tossicità.

[Bibliografia: lineamenti di oncologia medica IDELSON-GNOCCHI]
Immagini by Google.

martedì 15 giugno 2010

Tumori del rene


I tumori del rene rappresentano la settima causa di morte per cancro. L'incidenza aumenta tra i 50-70 anni con progressivo incremento a partire dai 35 anni. Sono tumori che prediligono il sesso maschile con un rapporto maschio femmina di 2:1.

Possono essere sporadici o ereditari. I tumori ereditari insorgono anche nei giovani e possono essere bilaterali, sono:
  • Carcinoma a cellule chiare ereditario (HCRC): a trasmissione autosomica dominante.
  • Carcinoma renale papillare ereditario.
I fattori di rischio sono:
  • Portatori della sindrome di Von Hippel Lindau: l'alterazione del protoncogene c-raf sul braccio corto del cromosoma 3 predispone all'insorgenza di un tumore renale a cellule chiare.
  • Portatori di rene policistico.
  • Sclerosi tuberosa.*
  • Fumo.
  • Ipertensione.
  • Obesità.
  • Abuso di analgesici contenenti fenacetina.
  • Diete ricche di grassi di origine animale.
*Tumori ereditari.

Le categorie a rischio di tumore al rene sono:
  • Lavoratori di pelli.
  • Esposizione all'asbesto.
  • Derivati del petrolio.
  • Cadmio.
  • Piombo.
Il rischio di cancro al rene è 30 volte superiore in pazienti con insufficienza renale cronica ed in pazienti dializzati da lungo tempo.

Questi tumori possono apparire di dimensioni limitate o avere un'estrinsecazione
extraperitoneale fino ad occupare tutto il retroperitoneo o l'addome. Presentano una pseudocapsula fibrosa che si forma per compromissione del parenchima sano circostante. La superficie può mostrare aree di:
  • Emorragie
  • Necrosi
  • Sclerosi
  • Cisti
  • Calcificazioni intratumorali.
L'istiotipo più frquente è l'adenocarcinoma, che deriva dall'epitelio dei tubuli contorti prossimali, a pattern di crescita:
  • Acinare
  • Papillare
  • Tubulare
  • Alveolare
Si compone di tre tipi cellulari che danno luogo alle varianti a:
  • Cellule chiare: presentano vacuoli contenenti colesterolo, fosfolipidi, glicogeno.
  • Cellule granulomatose: con citoplasma ricco di mitocondri e con grossi nuclei.
  • Cellule sarcomatose: caratterizzato da elementi fusati con scarse mitosi, in uno stroma ricco di vasi ed aree di necrosi.
Il 50% dei tumori renali è rappresentata da forme miste.

I tuomori renali hanno un lungo sviluppo preclinico, per cui nella maggior parte dei casi la diagnosi si fa in fase metastatica. Le metastasi le troveremo al:


  • Polmone
  • Tessuti molli
  • Osso
  • Fegato
  • Sistema nervoso centrale
Il tumore cresce localmente, infiltra o comprime il parenchima, supera la capsula ed infiltra gli organi vicini:
Ha una precoce diffusione ematica con possibile formazione di emboli alla:
  • Vena cava superiore
  • Vena renale controlaterale
  • Anastomosi con il sistema cavale e paravertebrale.
Diffusione linfatica:
  • Linfonodi dell'ilo
  • Para-aortici
  • Para-cavali
  • Mediastinici => dotto toracico => cava superiore.
Clinicamente avremo:
  • Ematuria
  • Massa palpabile: in stadio avanzato
  • Dolore: in stadio avanzato
NB: nel parenchima renale non ci sono i nocicettori, per cui il dolore si avrà quando la massa sarà tale da distendere la capsula renale (che presenta nocicettori che, attivati, manderanno l'impulso al cervello).
  • Sindromi paraneoplastiche: per produzione di fattori tumorali con attività sistemica.
  • Policitemia: presente nell' 1-5% dei casi per incremento della renina (e quindi ipertensione) o per compressione del peduncolo vascolare.
  • Iperfibrinogenemia: possibile.
All'esame obiettivo facciamo:
  • Palpazione bimanuale con paziente in decubito supino: per vedere se ci sono masse al polo inferiore del rene che si possono apprezzare in pressenza di un tumore che ha raggiunto cospicue dimensioni.
  • Varicocele acuto: può essere dovuto alla compressione della vena spermatica.
Dopo l'esame obiettivo approfondiamo con le indagini stumentali e facciamo:
  • Ecografia addominopelvica: visualizza masse tumorali di 1 cm, ci permette di vedere le caratteristiche morfologiche del rene ed i rapporti con gli organi adiacenti.
  • TC addominale: per differenziare le lesioni benigne dalle maligne e per vedere se c'è coinvolgimento dei vasi:
  1. Renali
  2. Cavali
  3. Aorta
  4. Linfonodi locoregionali.
Se dopo la TC addominale abbiamo dubbi sulla malignità della massa approfondiamo con:
  • Esplorazione chirurgica con asportazione in toto della lesione accompagnata dall'esame istologico.
Se invece siamo in presenza di una cisti potenzialmente maligna facciamo:
  • Puntura percutanea eco-guidata.
  • Esame del liquido intracistico.
Altri esami utili sono:
  • Emocromo
  • Ves
  • Creatinemia
  • Azotemia
  • Clearence della creatina
  • Calcemia
  • Fosfatasi alcalina
Per la stadiazione clinica:
  • RMN: per valutare la presenza di trombi neoplastici.
  • RX del torace
  • Scintigrafia ossea total-body
  • Urografia: per valutare la funzionalità della via escretrice e del rene controlaterale.
  • Scintigrafia renale dinamica co DTPA: per dimostrare la presenza di parenchima sano nelle neoplasie bilaterali o nella chirurgia conservativa.
A questo punto avremo tutti i dati utili per la stadiazione secondo Robson:
  • Stadio I: tumore confinato all'interno della capsula.
  • Stadio II: infiltrazione del grasso perirenale, tumore confinato all'interno della fascia di Gerota.
  • Stadio III (A, B, C) :Tumore esteso alla vena renale ed alla cava inferiore e\o ai linfonodi regionali.
  • Stadio IV (A, B) : tumore esteso oltre la fascia di Gerota, con invasione di organi e strutture adiacenti (A). Metastasi a distanza (B).
In base allo stadio del tumore scegliamo il trattamento più adatto:
  • Stadio I, II, III: si fa la resezione chirurgica con nefrectomia radicale asportando:
  1. Fascia di Gerota
  2. Grasso perirenale
  3. Linfonodi regionali
  4. Rene
  5. Lungo tratto di uretere
  6. Surrene
  • Piccoli tumori periferici di diametro minore di 3-4 cm: nefrectomia parziale di dubbia efficacia.
  • Stadio IV: nefrectomia semplice per il controllo dei sintomi invalidanti.
La Chemioterapia e la Radioterapia sono poco efficaci per l'insensibilità delle cellule tumorali alla maggior parte dei chemioterapici disponibili. La Radioterapia può essere un'alternativa nel trattamento palliativo delle lesioni metastatiche sintomatiche in fase di malattia avanzata.

Negli ultimi anni si stà sviluppando l'immunoterapia: si stimolano le difese del sistema immunitario attivandole contro il tumore.

Dopo chirurgia si fa un follow-up per 4 anni con controlli semestrali, dal 5 anno i controlli diventano annuali:
  • Esami ematochimici
  • Rx torace
  • Ecografia addominopelvica alternata con TC dell' addome.

[Bibliografia: Lineamenti di oncologia medica IDELSON-GNOCCHI]
Immagini by Google.

domenica 13 giugno 2010

Beta talassemia minor


La beta talassemia minor è geneticamente caratterizzata da eterozigosi per un gene beta talassemico.
Può essere diagnosticata solo tramite i dati di laboratorio perchè può non essere accompagnata da anemia e sintomatologia clinica, per questo consente una buona qualità di vita. L'importanza della diagnosi deriva dalla possibilità dell'unione di due individui affetti di avere un figlio con Morbo di Cooley.

Quindi quali esami facciamo per la diagnosi?


  • Emocromocitometrico.
  • Morfologico del sangue.
  • Elettroforesi dell' emoglobina (Hb).
La beta talassemia minor è dovuta ad una modesta riduzione della sintesi delle catene beta della globina da cui deriva la ridotta sintesi di HbA1 (alfa2 beta2). La sintesi delle altre catene è normale o lievemente aumentata per cui si può avere un aumento dell'HbA2 (alfa2 delta2) e la presenza di HbF (alfa2 gamma2). L'eritropoiesi inefficace è moderatamente aumentata e la vita media degli eritroblasti è normale.

Gli eritrociti sono:
  1. Piccoli
  2. Ipocromici
  3. Marcatamente aumentati rispetto all'Hb.
Dati di laboratorio:
  • Hb: 10-12 g \dl, in alcuni casi ha valori nella norma.
  • Aumento degli eritrociti
  • Microcitosi
  • Ipocromia
  • Poichilocitosi
  • Emazie con punteggiature basofile per la precipitazione delle catene alfa
  • Aumento delle resistenze globulari osmotiche
  • Fenotipo emoglobinico caratterizzato dall'aumento dell'HbA2.
Le manifestazioni cliniche sono quasi sempre assenti, se presenti abbiamo:
  • Lieve astenia
  • Facile esauribilità fisica
  • Subittero
  • Lieve splenomegalia.
Occorre fare diagnosi diferenziale con le altre anemie del terzo gruppo, in particolare con l'anemia sideropenica dovuta, invece, a carenza di ferro per cui non si avrà aumento di HbA2 e presenza di HbF e, soprattutto, il numero di eritrociti sarà normale o ridotto.

Non esiste una terapia per la beta talassemia minor, può essere utile la somministrazione periodica di vitamina B12 ed acido folico per evitarne la carenza.

[Bibliografia: Corso di malattie del sangue e degli organi emolifopoietici - ESCULAPIO]
Immagini by Google.

venerdì 11 giugno 2010

Tumore della mammella: stadiazione e terapia


Dopo l'anamnesi, l'esame obiettivo e gli esami diagnostici avremo tutti i dati necessari per poter stadiare il tumore.
Facciamo quindi la stadiazione clinica attraverso la quale possiamo stabilire se il tumore è operabile, successivamente possiamo fare la stadiazione patologica che si basa su dati istologici postchirurgici e ci da informazioni certe sulle dimensioni del tumore e sullo stato linfonodale.

Stadiazione clinica:
  1. Stadio I: tumore confinato alla mammella senza interessamento dei linfonodi, di dimensioni inferiori ai 2 cm (carcinoma iniziale).
  2. Stadio II: tumore di dimensioni di 2 cm diffuso ai linfonodi ascellari omolaterali che saranno mobili, o tumore di dimensioni di 2 - 5 cm senza interessamento linfonodale nè metastasi (carcinoma iniziale).
  3. Stadio III A: tumore diffuso all'ascella e ai tessuti della parete toracica, con interessamento dei linfonodi ascellari omolaterali che saranno fissi (carcinoma localmente avanzato).
  4. Stadio III B: tumore di grandi dimensioni con interessamento dei linfonodi mammari interni omolaterali (carcinoma localmente avanzato).
  5. Stadio IV: metastasi a distanza ed interessamento dei linfonodi sopraclaveari (carcinoma metastatico).
Il Grading (G) o grado di malignità dipende dalle atipie cellulari e dalla struttura istologica. In base al livello di differenziazione ed al numero di mitosi distinguiamo tre gradi di malignità G1, G2, G3.

Una volta stadiato il tumore, possiamo scegliere il trattamento più adatto:



  • Stadio III A: si fa una mastectomia radicale standard (Halsted) asportando:
  1. Mammella
  2. Grande e piccolo pettorale
  3. Linfonodi ascellari
  4. Tessuto adiposo ascellare.
  • Stadio I e II: mastectomia radicale modificata (Patey) asportando:
  1. Mammella
  2. Cute sovrastante
  3. Piccolo pettorale
  4. Linfonodi ascellari.
Oppure possiamo scegliere la mastectomia semplice o totale asportando:
  1. Ghiandola mammaria
  2. Una losanga di cute sovrastante
  3. Fascia pettorale
  4. Dissezione dei linfonodi ascellari di I livello.
  • Stadio I e II A con T1, N0-1: possiamo optare per una chirurgia conservativa facendo una quadrantectomia asportando:
  1. L'intero quadrante della mammella
  2. Cute corrispondente
  3. Fascia del muscolo grande pettorale
  4. Dissezione dei linfonodi ascellari
  5. Irradiazione della mammella residua dopo l'intervento.
Oppure si può fare la resezione segmantaria o tumorectomia o lumpectomia con asportazione di:
  1. Tumore
  2. Tessuto mammario peritumorale
  3. Dissezione ascellare completa
  4. Radioterapia sulla mammella residua.
NB: Gli interventi conservativi si possono eseguire in tumori di dimensioni maggiori di 2 cm solo se le mammelle sono di grandi dimensioni.

La terapia medica adiuviante si fa in presenza di carcinomi non invasivi o microinvasivi, o carcinomi duttali o lobulari invasivi di dimensioni minori di 1 cm, dopo la chirurgia per eliminare eventuali micrometastasi non identificabili attraverso tre opzioni:
  1. Ablazione ovarica: è indicata in premenopausa, abbassa i livelli di estrogeni circolanti (prima della menopausa gli estrogeni vengono prodotti dall'ovaio).
  2. Tamoxifene: indicato sia nelle donne in pre che in post menopausa, è un modulatore selettivo dei recettori degli estrogeni usato nei carcinomi in stadio avanzato in post menopausa, e per la prevenzione delle recidive dopo intervento chirurgico.
  3. Chemioterapia: in presenza di neoplasia mammaria in premenopausa con interessamento linfonodale e scarsa espressione recettoriale.
  • Stadio III A e III B: è una condizione di limitata operabilità per l'alto rischio di recidiva o di metastatizzazione. Si fa un trattamento multimodale con:
  1. Chemiotermapia: per rende il tumore operabile. Se la chemio funziona il trattamento continua con:
  2. Chirurgia: mastectomia.
  3. Altri 4-6 cicli di chemioterapia
  4. Radioterapia
  5. Tamoxifene.
Se la chemioterapia non ha reso il tumore operabile il trattamento segue con:
  1. Radioterapia
  2. Eventualmente chemio o ormonoterapia
  3. Chirurgia
  4. Chemioterapia di II linea
  5. Tamoxifene.
In ogni caso, dopo chirurgia si possono avere recidive alla mammella residua o sulla parete toracica, quindi dobbiamo effettuare la stadiazione chirurgica attraverso FNAB o biopsia (vedi articolo: Tumore della mammella: epidemiologia, fattori di rischio, manifestazioni cliniche e diagnosi)
  • Stadio IV: la terapia dipende dall'organo interessato e dall'estensione della malattia, non ha scopo guaritivo ma soltanto controllo della crescita tumorale con miglioramento dei sintomi e della qualità di vita. Si effettua l'ormonoterapia ed eventualmente chemioterapia e terapia palliativa.
Il follow up consiste nel controllo periodico post-terapeutico per diagnosticare precocemente la ripresa della malattia e valutare i risultati del trattamento attraverso:
  1. Esami clinici e di laboratorio
  2. Xgrafia del torace
  3. Ecografia epatica
  4. Mammografia
  5. Scintigrafia ossea.
Per lo screening si fa la mammografia in donne ad alto rischio fra i 40 e i 49 anni ogni 1-2 anni, ed in donne di 50-75 anni ogni 1-2 anni accompagnata da un esame clinico.

[Bibliografia: Lineamenti di oncologia medica IDELSON_GNOCCHI]
Immagini by google.

Tumore della mammella: epidemiologia, fattori di rischio, manifestazioni cliniche e diagnosi


Il tumore della mammella è la neoplasia più frequente della donna, rarissimo negli uomini ha un rapporto femmina - maschio di 100:1.
Nella donna la probabilità di sviluppare la neoplasia aumenta con l'età a partire dai 30 anni, raggiunge il plateau fra i 45-55 anni, ed ha un ulteriore incremento fino a 60 anni.

I fattori di rischio sono molteplici, nonostante ciò il 70% dei tumori si manifesta senza associazione a fattori di rischio:
  • Genetici: mutazioni del gene BRCA 1 e BRCA 2. BRCA 2 è correlato anche alla neoplasia dell'ovaio. Mutazione del gene p53 in portatrici di Sindrome di Li-Fraumeni
  • Familiari: parente di primo grado con cancro al seno.
  • Ormonali: estrogeni e la durata di esposizione ad essi (contraccettivi orali e terapia sostitutiva ormonale in post-menopausa).
Gli estrogeni prima della menopausa sono prodotti dall'ovaio, dopo la menopausa dal tessuto adiposo e dalla corteccia surrenalica. Una volta prodotti entrano in circolo ed interagiscono con 2 recettori cellulari:
  1. ER alfa: si trovano lungo il tratto riproduttivo, mammella, endotelio vasale e muscolatura liscia.
  2. ER beta: ovaio e prostata.
Gli estrogeni si legano ai recettori e si forma il complesso estrogeno-recettore che successivamente si lega al DNA. Questo legame, nel caso della mammella, stimola l'accrescimento del parenchima mammario e dei dotti galattofori, per cui si ha un'iperplasia da cui può nascere una neoplasia.
  • Alimentazione e costituzione: gli estrogeni sono derivati del colesterolo, quindi una dieta ricca di grassi, l'abuso di alcolici e l'obesità favoriscono una maggiore esposizione ormonale.
Come si valuta il rischio?



Per la valutazione del rischio complessivo si usa il modello di Gail attribuendo un punteggio in base all'età, al numero di biopsie mammarie eseguite in una certa età, numero di parenti di primo grado con carcinoma mammario ed età del primo parto.
In base al rischio:
  • Terapia sostitutiva postmenopausa: si evita in donne con rischio maggiore del 30%
  • Mammografia: nelle donne di età inferiore a 50 anni si fa solo in presenza di alto rischio. In genere prima dei 50 anni è inutile perchè si avrebbero falsi positivi dovuti alla densità della ghiandola.
  • Tamoxifene: farmaco antiestrogeno indicato nella chemioprevenzione in donne con rischio medio-alto (l'utilizzo chemiopreventivo è ancora in fase di studio).
Il carcinoma mammario può originare dai dotti o dai lobuli, quindi avremo carcinomi duttali e carcinomi lobulari. Entrambi possono essere invasivi o non invasivi (in questo caso si avrà un carcinoma in situ).
Forme particolari sono:
  • Carcinoma di Paget: caratterizzato dalla presenza delle cellule di Paget.
  • Carcinoma infiammatorio: si presenta come una flogosi benigna senza substrato morfologico.
  • Cistosarcoma (tumore filloide): a componente mista, epiteliale e connettivale.
Clinicamente si manifesta in modo diverso in base allo "stato di avanzamento":
  1. Carcinoma mammario iniziale: non ha sintomi, difficilmente si fa diagnosi in questo stadio.
  2. Carcinoma mammario localmente avanzato:
  • Nodulo mammario con le seguenti caratteristiche:
- Non dolente
- Consistenza dura
- Margini mal definiti
- Poco mobile sui piani sopra e sottostanti.
  • Cute:
- Retrazione spontanea o provocata del capezzolo
- Edema ed aspetto a buccia d'arancia
- Eritema
- Indurimento locale o diffuso
- Noduli cutanei o ulcere
  • Capezzolo:
- Retrazione
- Erosione
- Secrezione spontanea o provocata
- Ulcerazione
  • Linfonodi ascellari, sovraclaveari e laterocervicali:
- Megalici
- Fissi
- Fusi a pacchetto
- Di aumentata consistenza

All'esamo obiettivo:
  • Ispezione: si confronta la morfologia delle due mammelle valutando:
  1. Asimmetria
  2. Alterazioni della cute
  3. Alterazioni dei capezzoli
  • Palpazione: si palpano mammella, capezzoli e linfonodi per valutare la presenza di:
  1. Masse mammarie
  2. Consistenza
  3. Margini
  4. Mobilità
  5. Dimensioni
  6. Retrazione dei capezzoli spontanea o provocata
  7. Secrezione dei capezzoli spontanea o provocata.
A questo punto, dopo aver fatto anamnesi ed esame obiettivo:
  • Se abbiamo trovato una massa caratterizzata da...:
  1. Superficie liscia regolare
  2. Consistenza elastica
  3. Mobile
...ci orientiamo verso una lesione cistica (liquido) e facciamo un' ecografia mammaria (e volendo la accoppiamo) con un agoaspirato con ago sottile che, aspirando il liquido, ci consente di:
  1. Valutarne le caratteristiche morfologiche, se il liquido è ematico procediamo con la biopsia escissionale.
  2. Curare la cisti se viene aspirato tutto il liquido.
  • Se invece abbiamo trovato un nodulo (massa solida) facciamo una mammografia: ci darà il sospetto di tumore in presenza di:
  1. Asimmetria delle mammelle
  2. Microcalcificazioni a grappolo
  3. Masse radiopache con microcalcificazioni
  4. Bordi irregolari e mal definiti.
Dopodichè passiamo all'esame citologico con aspirazione con ago sottile (FNA) o microbiopsia.
Nei casi dubbi facciano una biopsia con ago sottile (FNAB) o una biopsia escissionale rimuovendo l'intera massa, e:
  • Cerchiamo i markers tumorali:
  1. CA 15.3
  2. MCA
  3. TPA
  4. CEA
  • Facciamo la determinazione dei recettori ormonali: recettori per gli estrogeni e progesterone che sono fattori di prognosi e terapia. Se il numero di recettori supera il 10% l'esame è positivo e la paziente risponderà bene ad una terapia ormonale.
Per valutare se siamo in presenza di un carcinoma mammario metastatico occorre condurre altre indagini, quindi facciamo:
  • Scintigrafia ossea: per le metastasi ossee che si manifestano con dolore intenso e nevralgie se sono interessate anche le terminazioni nervose.
  • Ecotomografia epatica: per valutare metastasi al fegato che sono clinicamente silenti fin quando non determinano un aumento morfovolumentrico dell'organo ed elevazione degli indici di funzionalità epatica.
  • Xgrafia del torace standard: per vedere se le nodulazioni sono uniche o multiple, e se c'è un interessamento del polmone. In questo caso la paziente avrà tosse e dispnea e ci può anche essere un versamento pleurico.
  • TC o RMN encefalica: se ci sono sintomi neurologici per verificare la presenza di metastasi al cervello.
[Bibliografia: Lineamenti di oncologia medica, IDELSEN _ GNOCCHI]
Immagini by Google.

domenica 6 giugno 2010

Beta talassemia intermedia


La talassemia intermedia è una beta talassemia di severità intermedia tra il Morbo di Cooley e la beta talassemia minor.
Il quadro genetico è caratterizzato da una di queste due possibilità:
  • Doppia eterozigosi: il paziente è in grado di produrre una discreta quota di catene beta.
  • Copresenza di beta talassemia omozigote ed alfa talassemia: in questo caso la diminuita produzione di catene beta è accompagnata anche da una diminuita formazione delle catene alfa.
In entrambi i casi il risultato è la diminuzione dell'eccesso (e quindi anche la precipitazione con danno eritrocitario) delle catene alfa, per cui si ha una riduzione dell'eritroblastolisi che determinerà minori segni e sintomi.

Clinica:
  • Hb < 10 g/dl
  • Splenomegalia.
  • Sviluppo somatico pressochè normale.
  • Raggiungimento dell'età adulta.
  • Aumentato assorbimento intestinale di ferro: emosiderosi, questo rende necessaria la terapia con chelanti del ferro.
Quando l'aumento del volume della milza è accompagnato da un peggioramento dell'anemia può essere necessaria splenectomia.

[Bibliografia: Corso di malattie del sangue e degli organi emolinfopoietici - ESCULAPIO]
Immagini by Google.

sabato 5 giugno 2010

Tumori: fattori di rischio


Si definisce cancerogeno ogni agente in grado di aumentare significativamente l'incidenza di determinate neoplasie in soggetti esposti.

La cancerogenesi può essere:
  • Fisica
  • Chimica
  • Virale
Esistono diversi tipi di cancerogeni:
  • Chimici: si dividono in:
  1. Genotossici: sostanze capaci di indurre un danno al DNA sottoforma di mutazioni puntiformi o riarrangiamenti cromosomici.
  2. Non genotossici: interagendo con i recettori, interferiscono con la regolazione della proliferazione cellulare inducendo un aumento delle mitosi e la riduzione delle apoptosi.
  • Fisici: sono le radiazioni ionizzanti. Trasferiscono la loro elevata energia alle molecole dei sistemi cellulari dando luogo a fenomeni di ionizzazione, eccitazione, radicalizzazione e liberazione di calore che determinano alterazioni irreversibili del DNA. Se l'alterazione riguarda regioni di DNA che regolano il ciclo cellulare si ha cancerogenesi.
  • Virus oncogeni: possono essere:
  1. A DNA: Adenovirus, Hepadnavirus, Herpesvirus, Papillomavirus.
  2. A RNA o Retrovirus.
L'esposizione ad uno o più fattori di rischio determina un incremento dell'incidenza di neoplasie nella popolazione esposta, anche se non tutti gli individui hanno la stessa sensibilità all'esposizione ai fattori di rischio.

[Bibliografia: Lineamenti di Oncologia Medica, IDELSON - GNOCCHI]
Immagini by The Cancer Fluid Biopsy Research Group

Tumori del pancreas


Il tumore al pancreas in Italia è la settima causa più frequente di morte per cancro. E' frequente nei paesi sviluppati, l'incidenza aumenta con l'età ed ha un picco massimo a 50 anni, predilige il sesso maschile.

Fattori di rischio:
  • Fumo di sigaretta: il rischio è proporzionale alla durata ed al numero di sigarette fumate. Le nitrosamine possono indurre mutazione dell' oncogene k-ras.
  • Diabete non insulino dipendente diagnosticato da almeno 30 anni.
  • Alimentazione ricca in grassi animali e povera di frutta e verdura.
  • Pancreatite cronica.
  • Esposizione professionale a:
  1. Benzidina
  2. Beta-naftilamina
  3. Derivati della lavorazione del petrolio.
I tumori del pancreas possono essere di natura epiteliale e non epiteliale. Nel 95% dei casi sono epiteliali ed originano dal pancreas esocrino.

I tumori epiteliali sono:
  • Adenocarcinoma duttale: è il più frequente e scarsamente differenziato.
  • Carcinoma squamoso: diffonde precocemente ai polmoni.
  • Cistoadenocarcinoma mucino: è a crescita lenta, localizzato al corpo ed alla coda.
I tumori non epiteliali sono rari:
  • Linfomi
  • Sarcomi.
Clinicamente si manifesta con:
  • Ittero: si ha per compressione della via biliare (coledoco), per cui si ha nelle neoplasie della testa ed è associato a prurito e feci alcoliche.
  • Dolore: è il sintomo più precoce provocato dalla distensione dei dotti, invasione della capsula e delle strutture nervose. Varia in base alla localizzazione:
  1. Testa: all'epimesogastrio, si irradia a destra o al dorso.
  2. Corpo: epigastrico ed ombelicale, è costante e dal centro si irradia all'ipocondrio di destra, alla spalla ed alla regione lombare.
  3. Coda: ipocondrio di sinistra.
  4. Infiltrazione retroperitoneale con interessamento del plesso celiaco: il dolore è severo e costante.
  • Anoressia e calo ponderale: segni comuni e tardivi dovuti a malassorbimento.
  • Diabete mellito: per insufficienza epatica, è un raro segno di rapida progressione della neoplasia.
  • Epatomegalia: per la presenza di metastasi al fegato.
  • Segno di Courvoisier: la colecisti è aumentata di volume ed è palpabile (il tumore è della testa).
  • Segno di Trousseau: tromboflebite migrante (il tuomore è del corpo o della coda).



Bisogna effettuare diagnosi differenziale con:
  • Pancreatite cronica.
  • Litiasi del coledoco.
  • Neoplasie delle vie biliari extraepatiche.
Quali sono gli esami diagnostici utili?
  • Radiografia: la C duodenale alterata suggerisce un tumore della testa del pancreas.
  • Ecografia e TC: visualizzano la neoplasia e permettono la valutazione dello stato linfonodale, dell'impegno secondario del fegato e delle strutture contigue.
  • Colangio-pancreatografia retrograda: distingue le neoplasie del pancreas da quelle dell'ampolla e del duodeno.
  • Marker:
  1. Ca 19.9
  2. CEA
  3. DU-PAN-2
  • Esame bioptico: è l'unico esame che consente di fare diagnosi di certezza, viene eseguito per via trans cutanea o laparotomica.
Si possono sviluppare metastasi al:
  • Fegato
  • Polmone
  • Pleura
  • Peritoneo
  • Surreni
  • Scheletro
Stadiazione:
  • Stadio I: tumore localizzato al pancreas con diffusione al duodeno e dotto biliare, possibile resezione chirurgica.
  • Stadio II: malattia localmente avanzata, indissociabile dal tronco celiaco o dall'arteria mesenterica superiore.
  • Stadio III: coinvolgimento dei linfonodi
  • Stadio IV: presenza di metastasi.
La prognosi è molto severa.

L'unica terapia potenzialmente curativa è quella chirurgica:
  • Duodenocefalopancreasectomia o intervento di Whipple: togliamo:
  1. Porzione distale dello stomaco,
  2. del duodeno,
  3. della colecisti,
  4. del coledoco.
  5. Porzione di pancreas contigua alla vena mesenterica superiore.
  • Pancreasectomia radicale distale
  • Pancreasectomia totale.
La radioterapia è un trattamento palliativo per la sintomatologia dolorosa.
La chemioterapia si avvale di:
  • 5-fluoracile: con scarsi effetti
  • Epirubicina: è un'antraciclina.
Nuovi farmaci:
  • Gemcitabina.
La prognosi infausta non giustifica un follow up e non sono disponibili screening.

[Bibliografia: Lineamenti di oncologia medica, IDELSON-GNOCCHI]
Immagine by Google.