sabato 31 luglio 2010

Microdrepanocitosi

La microdrepanocitosi è una condizione di doppia eterozigosi per la beta talassemia e per l’anemia falciforme. In Italia si osserva nel meridione, in particolare in Sicilia.
La gravità è variabile in rapporto al tipo di beta talassemia (beta + o beta 0). La sintomatologia richiama quella dell’anemia falcemica.
Attraverso l’elettroforesi possiamo notare la presenza di HbS e HbF in proporzioni variabili. In caso di beta talassemia 0 troviamo assenza di HbA.

[Bibliografia: Corso di malattie del sangue e degli organi Emolinfopoietici-ESCULAPIO]
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giovedì 29 luglio 2010

Anemia Falciforme (Drepanocitosi)

L’anemia falciforme, o drepanocitosi, è dovuta ad una sostituzione di alcuni aminoacidi lungo la catena polipeptidica dell’emoglobina, questo determina polimerizzazione con conseguente emoglobinopatia.
Nell’emoglobina S dell’anemia falciforme si ha sostituzione dell’aminoacido numero 6 delle catene beta della globina con la valina. Ciò determina un cambiamento di conformazione della molecola al variare della pressione di ossigeno:
  • Quando la pO2 si riduce, le molecole assumono la conformazione Desossi, polimerizzano e formano dei cristalli che deformano l’eritrocita che, in questo modo, assume una forma a falce. Gli eritrociti falciformi sono più rigidi degli eritrociti fisiologici:
  1. In parte vengono captati e distrutti dai macrofagi: danno luogo ad anemia emolitica da diminuita sopravvivenza eritrocitaria.
  2. Quelli che sopravvivono agglutinano nel torrente circolatorio formando un’ostruzione a carico del vaso che può dar luogo ad un infarto.
I sintomi principali quindi saranno:
  1. Anemia emolitica cronica
  2. Crisi falcemiche: crisi dolorose dovuti agli infarti
  3. Episodi tromboembolici

L’anemia falciforme è una patologia conclamata in omozigosi, può non essere evidente in eterozigosi. Le manifestazioni cliniche compaiono dopo il 6 mese di vita, quando l’emoglobina fetale viene sostituita dall’ HbS. Possiamo dividerle in:
  • Sintomi legati all’anemia emolitica cronica:
  1. Ritardo dell’accrescimento
  2. Litiasi biliare
  3. Lesioni cutanee ulcerate agli arti inferiori
  4. Crisi aplastiche per carenza di folati o per episodi infettivi
  • Sintomi legati a fenomeni vaso-occlusivi:
  1. A carico dei piccoli vasi: ischemia e microinfarti favoriti dal freddo e disidratazione determinano sindromi dolorose all’addome, torace, articolazioni.
  2. A carico dei vasi di grosso calibro: si ha danno d’organo rilevante, con fenomeni infartuali di:
-Polmone
-Fegato
-Ossa e articolazioni
-Retina
-Cuore
-Rene
con citonecrosi.

DIAGNOSI:
  • Si osserva in vitro il fenomeno della falcizzazione
  • Elettroforesi
  • Cromatografia dell’emoglobina
DECORSO:
In omozigosi l’anemia falciforme è fortemente invalidante con mortalità rilevante.

TERAPIA:
Mira all’aumento dell’ HbF che, sostituendosi all’ HbS, diminuisce i danni dovuti alla polimerizzazione:
  1. Farmaci citotossici
  2. Citochine
  3. Acidi grassi a catena corta

     [Bibliografia: Corso di malattie del sangue e degli organi emolinfopoietici - ESCULAPIO]
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mercoledì 21 luglio 2010

Saturnismo

L’intossicazione da piombo insorge quasi sempre in forma cronica.
L’intossicazione acuta è rarissima e si manifesta con quadri acuti di:
  1. anemia emolitica,
  2. encefalopatia acuta fino al coma,
  3. epatite tossica,
  4. nefropatia acuta,
  5. dolori addominali,
  6. nausea,
  7. vomito,
  8. diarrea.

La forma cronica è detta saturnismo ed ha un esordio insidioso che varia da alcune settimane a diversi mesi dopo l’inizio dell’esposizione.
    Nel saturnismo professionale si distinguono 3 fasi:


  1. Fase di impregnazione: è caratterizzata dall’assenza di manifestazioni cliniche, raramente si può osservare un orletto gengivale bluastro.È un segno di aumentato assorbimento del metallo.
    In questa fase gli indicatori di dose e di effetto sono già positivi ed è una fase ancora reversibile con l’allontanamento dal rischio e la terapia chelante: è fondamentale, quindi, il monitoraggio del lavoratore.
  2. Fase florida: si manifestano sintomi di acuzie o subacuzie
    Le manifestazioni floride sono rappresentate da:
    -    Colica saturnina: è caratterizzata da dolore addominale, chiusura dell’alvo a feci e gas, oliguria con emissione di urine scure, ipertensione arteriosa parossistica
    -   Anemia saturnina: normocromica e normocitica con segni evidenti di iperemolisi e iperrigenerazione midollare (nelle fasi acute).
    -    Paralisi del radiale: ormai è rara; la mano è pendente, non può essere né flessa dorsalmente né addotta; senza arrivare alla paralisi si possono avere alterazioni dell’abilità manuale e aumento dei tempi di reazione.
    -    Encefalopatia saturnina: ormai è rara; può insorgere in forma delirante, convulsiva o mista oppure può manifestarsi cronicamente su base arteriosclerotica.
  3. La terza fase è quella del saturnismo cronico che si manifesta con una sempre più frequente ricomparsa della sintomatologia della fase florida e la comparsa di segni di danno d’organo quali: insufficienza renale cronica, ipertensione, neuropatie periferiche, encefalopatia cronica aterosclerotica. anemia emolotica e iporigenerativa, ipertensione e nefropatia da aumento delle resistenze periferiche.
[Bibliografia: Medicina Del Lavoro-UTET]
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martedì 20 luglio 2010

Diagnosi sindromica e anatomica

Attraverso l’anamnesi e l’esame neurologico possiamo mettere in evidenzia i sintomi ed i segni che ci consentono di fare la diagnosi sindromica.
Spesso il paziente affetto da patologie neurologiche non è in grado di fornire le informazioni necessarie, ad es. un malato di Alzheimer dimentica facilmente, per cui potrà non ricordare la sua sintomatologia, il momento di esordio, ecc… in questi casi sarà d’aiuto un dialogo con i familiari per poter evidenziare il problema.
In ogni caso la prima domanda utile da fare al paziente che ci consente di inquadrare il problema è: “ qual' è il motivo per cui vieni da me? Qual' è il problema? ”
Una volta inquadrato il problema si passa all’esame neuro-psicologico per esaminare le funzioni cognitive, l’esame del fondo oculare, l’esame per il rilievo di tutti i segni di disfunzione, per eccesso o per difetto, del sistema nervoso e dell’apparato neuromuscolare.
Al termine della visita ci troveremo, quindi, d’avanti ad una delle seguenti sindromi che ci farà fare diagnosi anatomica:
  1. Comportamentale: lesione della corteccia frontale
  2. Da deficit cognitivo: lesione della corteccia cerebrale
  3. Da alterata vigilanza: lesione della sostanza reticolare ascendente
  4. Epilettica: corteccia cerebrale, sostanza reticolare ascendente, le crisi possono esse focali per lesioni localizzate o generali per lesioni estese.
  5. Da ipertensione endocranica: la sede di lesione può essere ovunque.
  6. Piramidale: la lesione può colpire qualunque punto della via piramidale che va dalla corteccia motoria primaria fino al cono midollare.
  7. Extrapiramidale: la lesione è a carico dei gangli della base e della sostanza nigra.
  8. Somestesiche: la lesione può trovarsi in qualunque punto della via sensitiva che si estende dai recettori periferici fino alla corteccia sensitiva.
  9. Sensoriali: la lesione può coinvolgere qualunque punto dai sensori fino alle aree corticali primarie.
  10. Disendocrine e disturbi dei bioritmi: la lesione è localizzata ai nuclei ipotalamici ed ai loro assoni.
  11. Alterne: sono caratteristiche delle lesioni del tronco encefalico.
  12. Atassiche e dissinergiche: la lesione si può trovare nel vestibolo-cervelletto e midollo spinale.
  13. Vertiginose: dall’orecchio interno ai nuclei vestibolari.
  14. Sensitivo-motorie non craniali: è lesionato il midollo spinale.
  15. Sensitivo-motorie-vegetative del sellino e arti inferiori: è la sindrome della cauda equina.
  16. Sensitivo-motorie-vegetative in dermatomeri e miomeri: coinvolgono radici, plessi e nervi periferici.
  17. Ipostenica, ipotonica, ipotrofica, iporeflessica: la lesione è dell’unità motoria
  18. Cefalalgica, con rigidità nucale e rachidea: coinvolgimento delle meningi.
  19. Vaso-vagale, ileo paralitico, ecc…: la lesione è del sistema nervoso vegetativo.
  20. Nevralgica con dolore senza stimolo: dal nervo periferico al talamo.
[Bibliografia: sbobinature del corso di neurologia 2008-2010 prof. Cotrufo]
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lunedì 19 luglio 2010

Come si fa diagnosi in neurologia

 In neurologia la diagnosi è essenzialmente clinica. L’anamnesi è il momento principale, in quanto ci informa sui sintomi che, associati ai segni, ci consentono l’indirizzamento verso la formulazione di un’ipotesi diagnostica che si dimostrerà essere corretta nel 90% circa dei casi, per cui è importante imparare e saper riconoscere gli indicatori di patologia del sistema nervoso.
Conoscere i sintomi è importante perchè si possono curare indipendentemente dalla curabilità della patologia presente, e questo permette al malato di alleviare le sofferenze e di sentirsi un po’ meglio. Per cui l’anamnesi va raccolta con grande efficienza. Se è così informativa da permettere l'esame diagnostico al neurologo pratico, la diagnosi ipotizzata sarà corretta al 90% già in base alla clinica. La diagnostica serve per dimostrare la correttezza della diagnosi. La clinica in neurologia spesso è talmente evidente che la diagnostica per immagini non è necessaria per effettuare diagnosi.
I sintomi e i segni sono essenziali spie di patologia del SN, nel loro insieme ci consentono di definire la DIAGNOSI SINDROMICA, cioè la diagnosi che si costruisce sulla base dei sintomi e segni. In assenza dei segni si valuteranno solo i sintomi. Es. nell’ emicrania possiamo valutare solo i sintomi.


Sulla base della diagnosi sindromica possiamo costruire la DIAGNOSI ANATOMICA (topografica o di sede) che certe volte può assumere una precisione anche millimetrica. A questa possono contribuire analisi per immagini che integrano e precisano, ma non possono sostituire la diagnosi clinica di sede.

A questo punto bisogna fare una rivalutazione dei dati anamnestici, quali modalità di esordio e decorso, l'evidenziazione di disturbi precedenti, concomitanti e seguenti, una valutazione dell'insieme dei dati di laboratorio, etc.. che ci permette di definire la DIAGNOSI PATOLOGICA  o di NATURA, cioè se la malattia è dovuta a compressione, infiammazione, ischemia, emorragia, neoplasia, ecc...

L'identificazione della causa conduce, quando è possibile, alla DIAGNOSI EZIOLOGICA (cioè se è una patologia della coagulazione, o dovuta a virus, malformazione, genetica, ecc...)

Alla diagnosi eziologica deve, infine, affiancarsi la DIAGNOSI FUNZIONALE, cioè la valutazione del grado di disabilità ed invalidità di una persona.
Per precisare il grado di disabilità si deve misurare l'alterazione della funzione. Dopo aver stabilito la disabilità, eventualmente, si può valutare il grado di invalidità dovuta a quella disabilità. La disabilità dipende dalla persona e può essere:
  1. Disabilità stabile
  2. Disabilità in progressione
  3. Disabilità in remissione
Il giudizio di disabilità ci consente di effettuare il giudizio di invalidità in base al grado di interferenza della disabilità con la vita del soggetto.

[Bibliografia: sbobinature del corso di neurologia 2008-2010 prof. Cotrufo]
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Piombo: modalità d’azione

Un lavoratore professionalmente esposto può assorbire piombo attraverso varie vie di penetrazione.

Vie di penetrazione:
-    Inalatoria: riguarda principalmente l’esposizione professionale, il piombo penetra nelle vie respiratorie attraverso polveri, fumi e gas (Fonde a 327 gradi centigradi e a 450 gradi centigradi emette vapori)
-    Orale: riguarda principalmente l’esposizione extraprofessionale; la popolazione generale può assumere piombo attraverso:
1.    Vini e alcoolici contaminati dai tappi metallici
2.    Recipienti in ceramica utilizzati come contenitori di alimenti
3.    Picacismo: via di penetrazione tipica del saturnismo infantile e consiste nell’ingestione da parte dei bambini di oggetti contenenti piombo o verniciati con vernice contenente piombo
-    Cutanea: poco importante e avviene per contatto con benzine contenenti piombo


Vie di eliminazione:
-    Urine
-    Feci


Distribuzione: il piombo si accumula in diverse sedi con diversi effetti biologici
-    Tessuti molli: rappresenta il deposito responsabile delle lesioni tossiche in quanto rappresenta il pool a scambio rapido che cede il piombo al sangue mantenendo l’equilibro dinamico fra piombemia e accumulo nei tessuti molli
È l’accumulo nei tessuti molli che sostiene la concentrazione di piombo nel sangue
-    Osso spungioso, cute e muscoli: pool a scambio intermedio
-    Osso corticale, denti, capelli: pool a lento scambio, non è responsabile di alcun effetto biologico


Organi e apparati bersaglio dell’azione tossica del piombo.
Gli effetti biologici dell’intossicazione da piombo sono a carico di:


-    Sistema emopoietico: il piombo provoca anemia (la piombemia, in corso di anemia, può essere sottostimata perché il piombo si accumula principalmente nei globuli rossi) attraverso un duplice meccanismo.
1.    il piombo blocca alcuni enzimi della sintesi dell’eme e determina una anemia ipocromica normocitica con accumulo di ferro nei tessuti e accumulo nelle urine dei prodotti a monte degli enzimi bloccati.
2.    altera la membrana cellulare dei globuli rossi provando iperemolisi (anemia emolitica)
·    alcuni globuli rossi contenenti granulazioni brune con RNA ribosomiale che sono un reperto caratteristico ma non specifico dell’intossicazione da piombo


-    Sistema nervoso: il piombo può determinare alterazioni a carico del sistema nervoso determinando quadri di diverso tipo ma ormai molto rari:
a)    Encefalopatia acuta da spasmo delle arteriole cerebrali: stato confusionale, diminuzione della memoria e della vigilanza.
b)    Encefalopatia cronica: si manifesta in soggetti sottoposti ad una esposizione intensa e di lunga durata e si realizza sia a causa dell’azione vasospastica del piombo che all’instaurarsi di lesioni ateriosclerotiche da ipertensione conseguente alla nefropatia saturnina.
Le encefalopatie sono ormai scomparse ed erano dovute a gravi intossicazioni con valori di piombemia superiori ai 150 microgrammi/dl.
c)    Paralisi periferiche: tipica è la paralisi del radiale con mano che crolla sull’avambraccio e impossibilità a flettere e ad addurre la mano.
L’intossicazione da piombo è particolarmente pericolosa per il SNC dei bambini potendo provocare una compromissione dello sviluppo intellettivo (attenzione al picacismo).

-    Rene


-    Muscolatura intestinale: il piombo esercita un’azione spasmogena nei confronti della muscolatura liscia intestinale che determina la colica saturnina che è sempre preceduta da un periodo di epigastralgie e dolori addominali diffusi (non avviene mai all’improvviso).
La colica saturnina è caratterizzata da dolore acuto in sede periombelicale, stipsi ed alvo chiuso  a feci e gas. Il dolore subisce remissioni parziali ma senza trattamento con spasmolitici non si ha risoluzione anche per 7-8 giorni. Va in diagnosi differenziale con la peritonite acuta a differenza però di questa si ha sollievo dopo la palpazione mentre nella peritonite l'addome non è trattabile.

Meccanismo d’azione. il piombo esplica la sua azione tossica attraverso diversi meccanismi:
-    Azione spamogena: determina lo spasmo della muscolatura liscia intestinale (colica saturnina)
-    Azione vasospastica: determina lo spasmo delle arteriole determinando ipertensione arteriosa o danno cerebrale per spasmo arteriolare
-    Azione litica nei confronti delle emazie alterando la membrana eritrocitaria
-    Inibizione degli enzimi della sintesi dell’eme
-    Azione neurotossica sui nervi periferici determinando alterazioni della conduzione nervosa delle fibre motorie e sensitive che può essere seguita da una neuropatia, raramente una paralisi radiale

[Bibliografia: Medicina del Lavoro- UTET]
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domenica 18 luglio 2010

Tumori della mammella

I tumori al seno rappresentano la neoplasia più frequente nella donna:
[Bibliografia: Lineamenti di oncologia medica, IDELSEN - GNOCCHI]
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    Piombo: fonti esposizionali di rischio

    Il piombo è un metallo di colore grigio chiaro molto poco subile in acqua e molto malleabile.
    Proprio grazie alla sua malleabilità (capacità di essere deformato) è uno dei metalli più utilizzati sin dall’antichità anche se attualmente è meno utilizzato che in passato.
    A causa del suo largo impiego esistono molte possibilità di esposizione al piombo sia in ambito professionale che extraprofessionale anche se, come dicevamo, meno che in passato. Infatti, nonostante il piombo non sia un elemento organico, quindi, presente normalmente nell’organismo, nel sangue della popolazione generale.   Tuttavia è solo a causa delle esposizioni professionali che si raggiungono concentrazioni pericolose.
    • Le fonti di rischio professionale sono:
    1. Accumulatori (batterie degli autoveicoli): sono particolarmente a rischio i lavoratori che bruciano le batterie delle auto per riciclare il piombo o i lavoratori addetti alla loro produzione
    2. Fabbriche di vernice
    3. Fabbriche di materie plastiche
    4. Fabbriche di proiettili contenenti piombo
    5. Industria ceramica
    6. Addetti alla saldatura del piombo
    • Fonti di rischio extraprofessionali: si tratta di fonti occasionali quali:
    1. Cibi o bevande conservate in contenitori di ceramica verniciate con vernici contenenti piombo
    2. Bevande contaminate da tappi metallici contenenti piombo
    3. Picacismo: importante modalità di intossicazione da piombo nei bambini
    4. In passato una fonte importante era rappresentata dai gas di scarico delle auto a benzina contenente piombo
    [Bibliografia: Medicina del Lavoro-UTET]
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    sabato 17 luglio 2010

    Monitoraggio Biologico: indicatori


    Il monitoraggio biologico si realizza attraverso il dosaggio di due tipi di indicatori: indicatori di dose interna ed indicatori di effetto biologico.

    Gli indicatori di dose interna si dividono in:
    • Indicatori di esposizione: sono indicatori la cui concentrazione è correlabile a quella del tossico presente nell’ambiento di lavoro. Ad es. la piombemia aumenta proporzionalmente alla quantità di metallo presente nell’aria dell’ambiente di lavoro
    • Indicatori di accumulo: misurano la concentrazione di un tossico accumulato nell’organismo.Indicano la quantità del tossico in determinati tessuti e si basa sul particolare tropismo di una sostanza per un determinato tessuto nel quale si accumula (sono molto utilizzati in medicina legale)
    • Indicatori di dose vera: permettono di valutare la quantità di sostanza biologicamente attiva. Ad es. la piombemia è un indicatore di esposizione ma non di dose vera in quanto il piombo circolo nel sangue in 2 forme : all’interno dei globuli rossi (95%) e in forma libera. La forma libera rappresenta la quota biologicamente attiva del piombo presente nel sangue
    Gli indicatori biologici di effetto si distinguono in:
    • Subcritici: permettono di valutare l’effetto di un’esposizione ad un tossico quando non si sono ancora verificate alterazioni cellulari
    • Critici: evidenziano effetti biologici precoci e ancora reversibili, espressione di alterazioni cellulari indotte dal tossico

    I BEI: sono i limiti biologici di esposizione. Gli indicatori biologici di esposizione rappresentano i valori del livello di un determinato indicatore che è possibile riscontrare in campioni biologici prelevati da lavoratori sani, esposti a livelli di concentrazione del tossico nell’aria dell’ordine di grandezza dei limiti negli ambienti di lavoro TLV-TWA; corrispondono agli indicatori di dose intena, di accumulo e di dose vera.


    Gli indicatori di esposizione dosati (dose interna, accumulo e dose vera) vanno confrontati con i BEI (valori di un determinato indicatore presenti nei lavoratori sani esposti a concentrazioni del tossico che rientrano nei TLV-TWA).

    Gli indicatori di esposizione vanno inoltre confrontati con i valori di quell’indicatore valutato nello stesso lavoratore prima dell’esposizione e con la popolazione generale non esposto, per motivi lavorativi, a quel determinato tossico.

    I BEI rappresentano i valori di concentrazione entro i quali la maggior parte dei lavoratori esposti non subisce effetti negativi per la salute:
    • Per sostanza esistono diversi valori di BEI in relazione alla matrice biologica considerata
    • Non rappresentano un confine netto fra concentrazione pericolosa e non pericolosa
    Concetto fondamentale è che il monitoraggio biologico considera l’individualità del soggetto: a parità di concentrazione ambientale i lavoratori assorbono quantità differenti del tossico ed hanno un rischio differente.

    I BEI sono i valori di un determinato tossico entro (al di sotto dei quali) i quali si ritiene che la maggior parte dei lavoratori esposti non subisca effetti negativi sulla salute; sono rappresentati, quindi, dai valori di un determinato tossico presenti nei lavoratori che sono esposti a concentrazioni del tossico ambientale che rientrano nel TLV-TWA.
    I BEI sono rappresentati da diversi valori di riferimento in relazione alla matrice biologica nella quale vengono dosati.

    Per poter interpretare al meglio gli indicatori biologici è necessario conoscere la farmacocinetica e la farmacodinamica del tossico in studio per sapere: cosa cercare, dove cercarla e quando cercarla (ossia qual è il periodo più opportuno per il prelievo: dipende dall’emivita) quando vengono effettuati i prelievi? Di solito a fine turno o a fine settimana.

    • L’ACGIH ha identificato gli indici biologici di esposizione per 35 sostanze e per ciascuna di esse ha indicato la matrice biologica sulla quale effettuare le analisi (sangue, urina..) ed il tempo di campionamento
    • I valori sono sempre valutati in relazione alla creatinina per evitare che vengano falsati dalla maggiore o minore diluizione dell’urina
    • Sono stati identificati solo per quelle sostanze delle quali si conoscono la tossicocinetica e la tossico dinamica
    • I BEI non rappresentano un limite netto fra esposizione pericolosa e non pericolosa a causa della suscettibilità individuale
    Limiti del monitoraggio biologico:
    • Sono ancora poche le sostanze per le quali sono stati individuati gli indici biologici di esposizione
    • Per i cancerogeni gli indicatori di dose sono poco efficaci perché non esiste una definita relazione dose-effetto ed i dati disponibili sono principalmente epidemiologici
    [Bibliografia: Medicina del Lavoro-UTET]
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    venerdì 16 luglio 2010

    Monitoraggio Biologico


    Il monitoraggio biologico è la valutazione qualitativa e quantitativa degli agenti tossici o dei loro metaboliti in diverse matrici organiche ed ha lo scopo di valutare l’esposizione da parte del lavoratore a determinati tossici ed il rischio per la salute associato a tale esposizione.

    Il monitoraggio biologico, quindi, ha due finalità:
    1. Preventiva: evitare che l’esposizione ai tossici da parte del lavoratore raggiunga livelli capaci di provocare effetti dannosi
    2. Predittiva: valutare il rischio associato a tale esposizione
    Si realizza attraverso il dosaggio di 2 tipi di indicatori:
    • Indicatori di dose interna: indicano la quantità di tossico che è stata assorbita dal lavoratore nell’espletamento della sua mansione nell’arco del turno di lavoro attraverso tutte le vie di penetrazione possibili
    • Indicatori di effetto: forniscono informazioni sulle interazioni fra tossico ed organi bersaglio
    Gli indicatori di dose interna e di effetto sono influenzati da:
    • Caratteristiche dell’esposto (il monitoraggio biologico considera l’individualità del soggetto)
    1. Suscettibilità individuale (da essa dipendono i tempi di eliminazione e la capacità di accumularsi nei tessuti)
    2. Abitudini di vita (dieta, fumo, alcool, farmaci, droghe)
    3. Età e sesso
    4. Fattori patologici
    • Caratteristiche dell’esposizione
    1. Continua o discontinua
    2. Vie di penetrazione
    3. Coesposizione
    • Metodiche analitiche utilizzate
    [Bibliografia: Medicina Del Lavoro-UTET]
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    giovedì 15 luglio 2010

    Ergonomia


    L'ergonomia è una metodologia di lavoro che ha come oggetto l’attività umana in relazione alle condizioni ambientali, strumentali ed organizzative.
    Il suo scopo è quello della tutela e della promozione del benessere fisico, mentale e sociale quindi ha come finalità quella di adattare alle esigenze dell’uomo, alle sue caratteristiche ed alle sue attività le condizioni ambientali, strumentali e organizzative.

    L’ergonomia è una metodologia di lavoro utilizzata per analizzare, valutare e progettare sistemi,semplici o complessi, che includono l’uomo (o come operatore o come utente) per integrare le esigenze dello sviluppo produttivo con il rispetto delle risorse umane.
    L’obiettivo è il raggiungimento della compatibilità fra ambiente di lavoro (o anche ambiente in generale) e le esigenze dell’uomo derivanti dalle sue caratteristiche anatomiche, fisiologiche , psicologiche e sociologiche.

    L’ergonomia persegue sicurezza e salute, ha un approccio multidisciplinare mettendo intorno ad uno stesso problema diversi specialisti. In particolare, le conoscenze messe al servizio dell’ergonomia derivano da tre aree:


    • Area politecnica: ingegneria, architettura ed altre discipline tecniche
    • Area delle discipline sociali: sociologia del lavoro, sociologia dell’organizzazione del lavoro
    • Area delle discipline biomediche: antropometria, psicologia, fisiologia
    L’area delle discipline sociali e di quelle biomediche rappresentano l’area delle discipline dell’uomo.

    In base alla fase di intervento si distinguono:
    • Ergonomia di concezione: viene attuata nella fase di progettazione ma anche in quelle esecutive
    • Ergonomia di correzione: viene attuata per correggere condizioni di pericolo o di disagio esistenti; comporta costi più elevati e non sempre permette il raggiungimento del risultato ottimale (perché se l’ergonomia viene attuata quando il sistema è in concepimento si può pianificare al meglio ma quando interviene in un sistema già esistente ha dei limiti maggiori)
    In questi due casi si vede che l’ergonomia può agire a monte, già nella fase di progettazione di un sistema o intervenire in un sistema già esistente laddove si siano riscontrate condizioni di pericolo o di disagio.
    • Ergonomia di laboratorio: studia le condizioni di lavoro nella loro riproduzione in laboratorio
    • Ergonomia sul campo: verifica sul campo modifiche progettate o un nuovo sistema
    • Ergonomia della produzione: riguarda le linee di produzione in riferimento al sistema uomo-macchina senza considerare il contesto globale
    • Ergonomia del prodotto: prevede interventi sul prodotto per renderlo più sicuro e più efficiente per l’acquirente
    Normativa:
    L’ergonomia è indicata da diverse normative a partire dalla 626 del 94 fino alla più recente 81/08.

    È in utilizzo un software di simulazione che utilizza un manichino virtuale che interagisce in un ambiente 3D per valutarne la performance (la prestazione).

    Questo metodo è utilizzato per cercare di valutare il rischio da posture fisse e da movimentazione manuale dei carichi.

    [Bibliografia: Medicina del Lavoro UTET]
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    martedì 6 luglio 2010

    venerdì 2 luglio 2010

    Come si fa l'indagine ambientale


    Come si effettua una indagine ambientale?
    Si parte dalla raccolta delle informazioni sull’azienda e sull’attività di lavoro.

    Bisogna disporre di una mappa spaziale e temporale dell’inquinamento attraverso:
    • Piantina dell’azienda con informazioni sulla cubatura degli ambienti, la collocazione delle sorgenti, la collocazione delle vie di ventilazione e delle sedi dove il lavoratore esplica la propria attività
    • Bisogna conoscere il processo di produzione: sapere se è continuo o discontinuo, conoscere le singole fasi di lavorazione dalla materia prima, agli intermedi, fino al prodotto finale
    • Bisogna conoscere le macchine, le loro sorgenti di emissione ed i sistemi di abbattimento degli inquinanti
    • Le caratteristiche delle emissioni, il loro numero e la sede di emissione
    • Il numero di cambi d’aria previsti
    • Il tempo effettivo in cui lavora il lavoratore in una determinata area di esposizione
    • Il numero di cambi d’aria previsti
    Tutte queste informazioni servono ad ottimizzare la strategia di campionamento per sapere come , dove e quando effettuare i campionamenti.

    [Bibliografia: Medicina del Lavoro-UTET]
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    giovedì 1 luglio 2010

    Monitoraggio Ambientale e Decreto Legislativo 277 / 91


    Il monitoraggio ambientale trova il suo fondamento legislativo nel Decreto Legislativo 277/91 che tutela i lavoratori contro i rischi derivanti dall’esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro stabilendo i limiti di riferimento.

    Tale Decreto contempla un rischio accertato (attraverso il monitoraggio ambientale) e non un rischio presunto, pertanto, riconosce alla valutazione del rischio il ruolo cardine per la protezione della salute del lavoratore.

    Il Decreto Legislativo 277/91 stabilisce:
    1. I limiti di riferimento
    2. La responsabilità del datore di lavoro, del lavoratore e del medico competente
    3. Che è necessario determinare in modo preciso il rischio valutando l’esposizione del lavoratore nella giornata lavorativa
    4. L’addestramento e l’educazione dei lavoratori in merito agli inquinanti, le norme igieniche, le precauzioni sull’utilizzo dei macchinari e l’espletamento delle attività lavorative
    5. Chiarisce le caratteristiche delle attrezzature e delle metodiche per la determinazione degli agenti lesivi negli ambienti di lavoro
    Le indicazioni presenti nel D.leg. 277/91 sono state inglobate, insieme alla 626/94 nella 81/08

    [Bibliografia: Medicina del Lavoro-UTET]
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